Tutte queste cose io le so, non perché abbia, letto,
studiato, ipotizzato astrattamente, ma perché le sento, con un empirismo del
dolore continuo e ininterrotto, ininterrompibile, a me sembra. Ogni volta che
mi alzo sotto il giogo del mio corpo, credi non senta cigolare le ossa? Che non
tema di vedere cedere il dolmen, crollare il gigante dai piedi d'argilla? O che
non percepisca il cuore rincorrermi, a balzi, come un cane troppo esausto per tenere
il ritmo del padrone? Forse che ignoro il fatto che anche la risata più veloce
mi lascia ora con il fiato accorciato? No, non ignoro nulla della macabra
messinscena della mia fisicità compromessa. Eppure non so risolvermi a fare
qualcosa.
Sono parole così pure, così profonde, così intrise di significato che ti giuro, mi hanno fatto venire la pelle d'oca.
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